Palermo. “Ammazzare lei, la figlia, e l’amante” perché “tutto da lei è partito”. Era questo l’ordine che il boss di Bagheria Pino Scaduto impartiva dal carcere. La vittima designata era la figlia, rea di aver intrapreso una relazione con un maresciallo dei carabinieri di Bagheria e, secondo il boss, di aver causato proprio in virtù di alcune confidenze fatte all’amante, il suo arresto. Il proposito omicida emerge da alcune intercettazioni dell’operazione dei carabinieri di Palermo che questa mattina ha portato all’arresto di 16 persone per associazione mafiosa ed estorsione. L’ordine di Scaduto, che oggi è tornato in carcere dopo essere tornato in libertà nel mese di aprile, sarebbe stato quello di uccidere la figlia, il suo convivente e il suo amante, maresciallo dei carabinieri di Bagheria. Un disonore da punire con il sangue, per un uomo di Cosa Nostra, quello di una relazione con un esponente delle forze dell’ordine. Scaduto lo aveva confermato anche alla sorella in alcune lettere scritte dal carcere. “Questo regalo quando è il momento glielo farò” scrive. E ancora: “Glielo faccio ancora molto più bello questo regalo…tempo a tempo che tutto arriva”. Il sicario designato avrebbe dovuto essere il figlio del boss, il quale però si è rifiutato. “No…io non lo faccio, il padre sei tu e lo fai tu…io non faccio niente..eh… mi devo consumare io? Consumati tu. Io ho trent’anni, non mi consumo”. A questo punto, Scaduto avrebbe incaricato un’altra persona che però si tirò indietro. “Sono loro nella famiglia – dice la persona che avrebbe ricevuto l’incarico nelle intercettazioni – si ammazzano come i cani, a quel ‘picciutteddu’ lo stanno facendo diventare…che se avete qualcosa da dire, sbrigatevela fra di voi nella famiglia…che minchia ci dite ai cristiani? Sua figlia o ha sbagliato o l’ha indovinata non è sempre sua figlia? Che minchia vuole”.
Questa insubordinazione è anche il segnale di un certo fermento nella mafia della provincia palermitana. Uno degli arrestati, Vincenzo Urso, è indicato dai collaboratori di giustizia come un “ballerino”, che “non sapeva dove andarsi a sedere, perchè il suo intento era di prendere la reggenza di Altavilla Milicia ai tempi di Pino Scaduto”. Giochi di potere che non interferivano però negli affari mafiosi: i soldi arrivavano costantemente grazie a una forma di “mediazione” nelle vendite. A spiegarlo e’ il pentito Antonino Zarcone. “Mettiamo caso… un esempio, una lottizzazione di 100 mila euro, loro che cosa facevano? Al proprietario – dice Zarcone nei verbali – chiudevano l’operazione per 90 mila euro, loro il terreno invece lo vendevano per 120-130 mila euro, la differenza dai 90 a quelli in più rimanevano a loro e la quota che spettava al proprietario del terreno gliela davano e iddi (loro) invece di prendere la mediazione normale, che poteva essere del 2%, tipo 2 mila euro, si prendevano 20, 30 o 40 mila euro sull’acquisto del terreno”. Ma il business proseguiva anche dopo perchè Cosa nostra avrebbe imposto agli acquirenti le imprese che dovevano fare i lavori. In pochi hanno confermato le estorsioni. Proprio per aumentare il numero di denunce, il sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque, ha disposto l’esenzione dalla Tari – la tassa sui rifiuti – per gli imprenditori che si rivolgeranno alle forze dell’ordine in caso di richieste di pizzo.
L’ONORE MAFIOSO: I PRECEDENTI. Il caso di Pino Scaduto che aveva ordinato l’uccisione della figlia perchè aveva una relazione con un maresciallo dei carabinieri non è un fatto isolato nella storia della Mafia. Ci sono almeno due casi noti alle cronache simili a questo. Il più eclatante è quello di Lia Pipitone, 25 anni, figlia di Nino capo del mandamento di Resuttana. “Era nata per la libertà ed è morta per la sua liberta'”, ha raccontato il collaboratore Francesco Di Carlo il quale ha anche ricostruito i retroscena del delitto. Lia Pipitone venne uccisa il 23 settembre 1983. Il padre aveva dato il suo consenso dopo avere appreso che la figlia aveva, secondo Di Carlo, una relazione extraconiugale. Lia Pipitone fu uccisa con modalità simili a quella di una rapina. Ma a distanza di trent’anni l’inchiesta, sulla base delle dichiarazioni di Di Carlo, ha individuato i due presunti esecutori materiali, Vincenzo Galatolo e Nino Madonia. Il figlio della donna, Alessio Cordaro, si è costituito parte civile e con il giornalista Salvo Palazzolo ha ricostruito in un libro (“Se muoio sopravvivimi”) la storia della madre e il contesto mafioso del delitto. L’anno prima, ancora per risolvere un caso di “disonore”, il boss Giuseppe Lucchese detto ‘Lucchiseddu’ uno dei più feroci killer di Cosa nostra, aveva ucciso la cognata Luisa Gritti inscenando una rapina in un bar del centro. Poi aveva eliminato la sorella Giuseppina, che aveva crivellato con il marito sotto gli occhi della figlia della coppia. Le due donne erano state “punite” perchè le loro relazioni gettavano “discredito” sull’onore della famiglia.
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