Cronaca Giudiziaria

Il boss riceveva l’amante in carcere pagando 700 euro a settimana a due secondini corrotti

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“Il boss incontrava la sua amante in carcere, perché era riuscito a corrompere due guardie carcerarie.Uno dei secondini raccontava di incassare 6-700 euro a settimana e un regalo extra da mille euro una tantum, così concedeva anche incontri con l’amante al boss detenuto”. E’ la testimonianza chiave al processo stralcio a carico del boss Antonio Inserra detto tonino ‘o guerriero del clan Cesarano. E’ stato il maggiore Andrea Minella, nel 2009 a capo del Norm della compagnia di Castellammare, a racconta tutti i dettagli dell’inchiesta nata dalle investigazioni sulle estorsioni ai commercianti del mercato dei fiori tra Castellammare e  Pompei e con il blitz Easy mail portò in carcere tutti i vertici della cosca di Ponte Persica.

Dall’inchiesta era emerso che il boss riusciva a comunicare con l’esterno grazie a pizzini, imbasciate e soprattutto telefonini cellulari che nascondeva in cella. E poi, incontrava la sua amante, l’infermiera Anna Di Donna. Tutto era partito dall’omicidio di Carmine D’Antuono, avvenuto a Gragnano il 28 ottobre 2008: nelle tasche della vittima fu trovato un biglietto che lo avvertiva di stare attento, un pizzino che era partito dal carcere ed era stato scritto da Antonio Inserra.

Ha raccontato il maggiore Minella: “Per gli incontri hot con la sua amante, Inserra pagava 700 euro a settimana a Cipollaro mentre la donna riceveva spesso regali dal clan. In un’occasione, il nipote di Inserra le consegnò un mazzo di fiori e un sacchetto con mille euro in contanti all’interno. Il boss aveva a disposizione un cellulare in cella. Lo scoprimmo perché parlava di schede telefoniche e ricariche durante i colloqui con i familiari che andavano a trovarlo in carcere, ai quali chiedeva anche se Annalisa faceva le ricariche. Inserra impartiva ordini, voleva partecipare al conteggio dei soldi delle estorsioni praticamente in diretta, parlava con i suoi affiliati, ma fu difficile recuperare il numero di telefono da intercettare. La scheda era intestata ad un cittadino indiano e il numero fu dettato da Francesco Inserra, il nipote di Antonio o guerriero. Era al telefono con un amico, parlava di fatti personali, ma senza staccare la telefonata entrò in tabaccheria e dettò il numero di telefono a cui fare una ricarica”. Fu quella la svolta dell’indagine che portò poi al blitz dell’ottobre 2013 con 18 arresti. Di recente sono diventate definitive le condanne a 120 anni di carcere per tutti gli imputati. Antonio Inserra ‘o guerriero ha incassato 12 anni di carcere.

(nella foto Antonio Inserra ‘o guerriero)

 

 


Articolo pubblicato il giorno 7 Ottobre 2017 - 08:24
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