La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia a risarcire alcune persone che, in occasione delle proteste contro il G8 di Genova, nel luglio del 2001, sono state vittime di “abusi fisici, verbali e psicologici che, secondo la Corte, costituiscono tortura”, ad opera delle forze dell’ordine nella caserma di Bolzaneto. Si tratta di sentenze relative a due casi distinti, Blair e altri contro l’Italia e Azzolina ed altri contro l’Italia. Per la Corte, che ha deciso all’unanimità, nei casi di specie c’è stata una violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che proibisce i trattamenti inumani e degradanti. In particolare, nel caso di Blair e altri, la Corte ha stabilito che l’Italia deve risarcire 10mila euro ciascuna a due persone e 70mila euro ciascuno agli altri 22 ricorrenti, a titolo di danni non pecuniari, più 40.320 euro per costi e spese a 13 dei ricorrenti. Nel secondo caso, Azzolina ed altri, la Corte ha stabilito che l’Italia deve versare 85mila euro ad Azzolina e 80mila euro a ciascuno degli altri 23 ricorrenti.
I ricorrenti vennero arrestati e trattenuti a Bolzaneto tra il 20 e il 22 luglio, permanendovi uno o due giorni, a seconda dei casi, prima di essere trasferiti. Secondo i loro racconti, sono stati sottoposti a violenze sia dalle forze di polizia che dal personale medico. “In particolare – scrive la Corte – riferiscono di avere subito percosse e insulti, di essere stati spruzzati con gas irritante, di avere avuto i propri effetti personali distrutti, oltre ad aver subito altre forme di maltrattamenti”. “Non è stato loro fornito – continua la Corte – adeguato trattamento alle ferite subite in alcun momento, dato che le violenze sono proseguite anche durante gli esami medici”. I ricorrenti hanno sostenuto di essere stati sottoposti a tortura e hanno evidenziato che le indagini dei tribunali nazionali non sono state efficaci, in particolare perché la prescrizione è scattata per quasi tutti i reati commessi e perché ad un certo numero di condannati è stata concessa la riduzione della pena. Per la Corte di Strasburgo, “non ci sono dubbi sui maltrattamenti sofferti dai ricorrenti”, poiché “sono stati accertati in modo accurato e dettagliato dai tribunali italiani”. A causa della “mancanza del reato di tortura nel diritto italiano all’epoca degli eventi, praticamente tutti gli atti di violenza erano prescritti quando si è giunti a processo”. Tra prescrizione e riduzioni, “nessuna delle persone responsabili ha ricevuto una punizione adeguata. La Corte ritiene pertanto che i ricorrenti non abbiano potuto beneficiare di un’indagine ufficiale efficace”.
Articolo pubblicato il giorno 26 Ottobre 2017 - 17:02