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El Che, a cinquant’anni dalla morte è ancora Hasta Siempre Comandante

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“Hasta la victoria siempre. Patria o muerte.” è la frase attribuita a Ernesto Guevara – El Che – in diverse occasioni. Una frase diventata motto, mantra, buon auspicio, una risposta sempre azzeccata. Una frase che, insieme alla sua immagine iconica ha fatto il giro del mondo attraversando trasversalmente generazioni e generazioni. Stampato sulle t-shirt, sventola sulle bandiere, guarda dai poster o dai tatuaggi del suo volto che per anni e anni sono stati impressi sulla pelle di quanti ne sposavano l’ideologia. Oggi, cinquant’anni fa, il medico, lo scrittore, il guerrigliero, il rivoluzionario, il comandante “che” Guevara fu ucciso a La Huiguera. Dopo essere stato ferito e catturato da un reparto anti-guerriglia dell’esercito boliviano, nella provincia di Vallegrande nel Dipartimento di Santa Cruz, venne ucciso con un colpo al cuore, quello fatale, esploso per mano di Félix Rodríguez, esploso per mano della Cia. Venne ucciso e mutilato delle mani nella scuola del villaggio e il suo cadavere, dopo essere stato esposto al pubblico a Vallegrande, fu sepolto in un luogo segreto: è stato ritrovato da una missione di antropologi forensi argentini e cubani solo nel 1997. I suoi resti sono da allora custoditi nel Mausoleo di Santa Clara di Cuba. “Addio figli miei, Aleida, Fidel fratello mio”. La figura di Che Guevara ha ispirato, coinvolto e appassionato. Tanto è stato scritto, tanto è stato raccontato con ogni forma d’arte per diffondere, divulgare, omaggiare e ricordare questo tenero uomo rivoluzionario. “C’è qualcosa di più importante della classe sociale a cui appartiene l’individuo: la gioventù, la freschezza, l’ideale, la cultura che, nel momento in cui si esce dall’adolescenza, si mette al servizio degli ideali più puri.”

Musiche, testi, racconti, film, documentari. Da Hasta Siempre di Carlos Puebla, passando per Anch’io ti ricorderò di Sergio Endrigo e poi ancora Caetano Veloso, Gilberto Jil, fino alla famosissima rielaborazione degli Inti Illimani sull’originale di Carlos Puebla. E ancora: Loredana Bertè, Angelo Branduardi, Ivan Cattaneo, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Daniele Silvestri, gli irriducibili Modena City Ramblers, Skiantos e tanti, tanti, tanti. In versi Pablo Neruda, Julio Cortázar. Citarli tutti sarebbe impossibili. Noi ricordiamo Ernesto Che Guevara con una lettera per i suoi figli:

Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto,

se un giorno dovrete leggere questa lettera, sarà perché io non sono tra voi. Quasi non vi ricorderete di me e i più piccoli non ricorderanno nulla. Vostro padre è stato uno di quegli uomini che agiscono come pensano e, di sicuro, è stato coerente con le sue convinzioni. Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l’importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, solo, non vale nulla. Soprattutto, siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. E’ la qualità più bella di un rivoluzionario. Addio, figlioli, spero di rivedervi ancora. Un bacione e un grande abbraccio da

Papà

 


Articolo pubblicato il giorno 9 Ottobre 2017 - 10:10 / di Cronache della Campania


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