«Ormai non è più solo questione di sfortuna. Sono persuaso che certe partite come quella di Cagliari purtroppo debbano andare per forza così. Dispiace solo non aver potuto ascoltare anche al triplice fischio quell’urlo liberatorio della squadra, quasi a voler allontanare una maledizione.
Un’esultanza carica di emozione con qualche calciatore che è addirittura corso ad abbracciarmi con le lacrime agli occhi. Avevamo pareggiato con grande merito, ma la gioia non è durata neppure un minuto. La rete incassata mi ha inizialmente lasciato interdetto, ma poi, quando ho visto le reazioni rabbiose negli spogliatoi, ho acquisito la consapevolezza che qualcosa è cambiato.
E non solo per la prestazione sul campo. Quella famosa scossa l’ho avvertita: ho parlato con i ragazzi anche singolarmente e sono più che mai determinati ad uscire da questa situazione. Non so dire come e quando questo avverrà, ma ce la faremo». L’esonero di Baroni e l’allontanamento di Di Somma erano inevitabili: quanto è stata sofferta questa decisione? «Eravamo arrivati al punto di non ritorno: non c’erano più alternative.
Nella mia vita non ho mai amato le scelte obbligate, ma il calcio è anche questo. E’ come se si fosse staccato il cordone ombelicale. Mandare via persone con cui hai condiviso un percorso umano e professionale, oltre che la gioia incontenibile per la promozione (doppia nel caso del diesse, ndr), è davvero complicato. Ho provato un grande dolore sul piano relazionale ed emotivo».
Articolo pubblicato il giorno 27 Ottobre 2017 - 10:09