Arianna Flagiello è la giovane donna trentatreenne che il 19 agosto 2015 si lanciò nel vuoto dal quarto piano della casa di via Montedonzoelli al Vomero.
Valentina è la sorella di Arianna: “Arianna tendeva a giustificarlo ma ho assistito alle sfuriate di lui e ho sentito le urla che provenivano dalla loro casa”.
Mario Perrotta è il compagno di Arianna, con cui divideva casa. Imputato davanti alla Corte d’Assise per maltrattamenti e istigazione al suicidio.
Ieri mattina, in aula, assistito dai legali Sergio Pisani e Maurizio Zuccaro (promotore questi di una legge per inserire il reato di omicidio di identità in casi di violenze, assume la difesa in questo processo perché crede nell’innocenza dell’imputato), ascolta la testimonianza della sorella e di una zia di Arianna per poi rendere una dichiarazione spontanea nel tentativo di chiarire qualche episodio oltre che manifestarsi addolorato per la morte della convivente.
Valentina riprende a rispondere alle domande del Pubblico Ministero Lucio Giugliano, come riporta Il Mattino, provando a ricordare episodi e dettagli: “Dopo il secondo aborto inviai un messaggio a Mario per chiedergli di stare vicino ad Arianna e lui mi rispose in modo molto infastidito”. Valentina descrive il fidanzato della sorella come un uomo dal carattere non facile, spesso nervoso. Arianna e Mario, fidanzati da dodici anni, negli ultimi due anni vivevano insieme in un appartamento nello stesso palazzo dove viveva la famiglia di Arianna.
“Spesso si sentivano urla e rumori, lui alzava sempre la voce quando litigavano.” – continua Valentina che ricorda più di una occasione in cui ebbe modo di assistere a quei litigi di coppia, ma Arianna non le aveva mai confidato di botte e violenze. “Una volta eravamo in macchina tutti e tre, io, Arianna e Mario. Eravamo stati a una festa di matrimonio e guidava Mario perché noi avevamo scarpe con tacchi alti.
All’improvviso, non so nemmeno perché, lui iniziò a inveire contro Arianna, accostò due volte, voleva farla scendere dalla macchina. Intervenni per riportarli alla calma e alla fine mi misi alla guida e li riportai a casa.
Mario aveva lavori saltuari, nulla di stabile e si occupava della cura della casa con una fissazione per l’igiene, l’alimentazione e la pulizia, Arianna era quella che portava a casa lo stipendio ogni mese. Poi c’era la gelosia.
“Una volta eravamo a casa mia – racconta Valentina – per gelosia Mario spinse Arianna su un pouf e poi ancora sul tavolo”. I modi di Mario, i suoi scatti di nervosismo, le richieste di soldi. Valentina ricorda che Arianna arrivò a chiedere denaro anche a lei: “In genere lo chiedeva a nostra madre. Quando chiese un prestito per il condizionatore a me che al tempo non avevo un lavoro stabile, mi meravigliai molto.
Intuii che c’era qualcosa che non andava”. Secondo l’accusa, Mario avrebbe ridotto Arianna “in uno stato di soggezione completa” inducendola a “procurargli denaro per soddisfare i propri desideri nonché le esigenze economiche della propria famiglia di origine” fino al gesto estremo del suicidio. Si attende ora la testimonianza del padre di Arianna e Valentina nella prossima udienza.
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