Si è appena concluso a Romagnese, in provincia di Pavia, il Campionato nazionale di Softair. Si è trattato di un evento che ha visto la partecipazione di ben 22 squadre in rappresentanza di tutte le Regioni della penisola. Per quarantotto ore, oltre 130 ragazzi più o meno giovani hanno dato il massimo per superare le prove e raggiungere gli obiettivi. E poi c’è stata la finale nazionale di Softair PCS, a Nettuno, Roma.
E a partire da novembre, si darà inizio alla nuova stagione di eventi softair: a novembre il Regno delle Due Sicilie in provincia di Palermo (una pattuglia di 10 ore di durata), a febbraio la Back in Black (una non stop di 24 ore) nel ravvennate, e così via (per non parlare delle fiere di settore che si tengono in tutto il Paese, riunendo produttori e commercianti e richiamando migliaia di appassionati).
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Ma quanto accaduto in quei due giorni non è che la punta di un iceberg: ogni squadra arrivata a Pavia agli inizi di Ottobre, ad esempio, ha superato delle difficili selezioni all’interno della propria Regione. Per quasi due anni gli eventi di softair (finalizzati al raggiungimento delle fasi finali del campionato) si sono svolti da nord a sud, mettendo di fronte le une alle altre equipe rigidamente organizzate. E a monte di questi incontri, ci sono state ore di preparazione, di allenamento, di maneggiamento e lucidature di anfibi, cinturoni, caricatori, fucili a ripetizione e semiautomatici e pistole a molla e a gas.
Ma non si tratta solo di strategia e tattica militari. Nelle sfide di livello più elevato (e la finale nazionale rientra a pieno titolo tra queste), le sfide obbligano i partecipanti a riflettere e a prendere decisioni in maniera rapida e efficace. Come nel caso, per non fare che un esempio, in cui l’obiettivo preveda la messa in sicurezza di una zona (liberandola dagli “ostili”, ovvero i nemici), per recuperare un ferito e, dopo avergli prestato il primo soccorso (il che implica il riconoscimento della tipologia di ferita e il tipo di cura da prestare), portarlo alla zona – ospedale. Quindi in questo caso l’esaltazione di tipo militare deve lasciare lo spazio alla lucida presa di posizione e alla riflessione.
E poi non bisogna dimenticare l’organizzazione che rende possibile tutto questo: per ogni evento, dal più piccolo a quello più strutturato e con numeri più importanti, dietro ci sono decine o centinaia di persone che studiano i percorsi, preparano le prove, chiedono permessi e concessioni (alla Questura, alla Guardia Forestale, ai privati proprietari di campi e boschi, …). E poi ci sono gli abitanti dei paesini in cui i praticanti di softair sbarcano con le loro auto, i loro pullmini, i loro zaini tattici e le loro armi (per quanto innocue, sul momento sembrano proprio come quelle vere!).
Fino ad oggi, ogni volta che un evento di medie – grosse dimensioni si è svolto in un piccolo comune di poche migliaia di abitanti, questi ultimi hanno sempre accolto con piacere, con interesse e con curiosità “le truppe di soldati”.
La cosa non è così scontata come possa sembrare a prima vista. Da un lato infatti, ogni evento, per piccolo che possa essere, ha comunque un seppur minimo ritorno economico sulla comunità: il singolo partecipante pagherà, all’organizzazione locale che ha “messo in piedi” la giornata di softair, la quota di iscrizione; i “combattenti” mangeranno in ristoranti e berranno in bar del paese; tutti prenderanno una stanza per trascorrere almeno la notte precedente la competizione
Dall’altra, vestiti in mimetica, calzando gli anfibi e con gli zaini in spalla, imbracciando un fucile elettrico AK47 da una parte e una pistola Beretta PX4 a molla dall’altra, questi ragazzi attraversano il paese. E tra loro ci sono quelli con la faccia da duri (sul tipo di Bruce Willis in Die Hard o Jason Statham ne I mercenari), ma anche quelli spaesati con gli occhialoni spessi da studenti miopi.
Insomma un quadretto che ricorda un po’ la prima parte di Full Metal Jacket, in cui i giovani che affrontano l’addestramento per salvare gli Stati Uniti dal pericolo rappresentato dalla piccola repubblica vietnamita sono ancora in una condizione da limbo. Fortunatamente per loro, quello in cui stanno per immergersi non avrà nulla dell’inferno vietcong (descritto nella seconda parte della straordinaria pellicola di Stanley Kubrick), ma sarà solo un bel gioco, in cui nessuno si farà male, pochi vinceranno, molti perderanno, ma tutti saranno contenti.
E molti, se non tutti, attenderanno la prossima sfida di softair, per dimostrare a se stessi e agli altri di aver imparato dagli errori commessi, ma soprattutto per passare un’altra giornata assieme a compagni di avventura, assieme a qualcuno che condivida le stesse passioni e gli stessi valori.
Perché il fenomeno del softair è oggi sempre più diffuso in Europa e in Italia e sempre più ragazzi e giovani adulti vi partecipano, investendo tempo e energia per gli allenamenti e per la partecipazione agli eventi, spendendo del denaro per l’acquisto di pistole a molla o a gas, di fucili automatici o semi automatici, di caricatori e di materiale diverso, come abbigliamento e attrezzature.
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