La commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, dopo aver avviato uno specifico approfondimento sulle dichiarazioni rilasciate nei mesi scorsi dall’ex collaboratore di giustizia Nunzio Perrella, ha proceduto oggi alla declassificazione dell’audizione del procuratore aggiunto di Brescia Sandro Raimondi. Il magistrato aveva riferito, in seduta segreta, lo scorso 31 maggio in merito alle indagini svolte a seguito delle interviste rilasciate dal Perrella nel corso della trasmissione Nemo. Lo comunica in una nota la commissione d’inchiesta sui rifiuti. Nunzio Perrella è stato interrogato dal procuratore aggiunto di Brescia Raimondi e dal sostituto procuratore della Direzione nazionale antomafia e antiterrorismo Roberto Pennisi il 6 dicembre 2016. In seguito a quell’interrogatorio ha riferito il procuratore Raimondi, audito ieri dalla commissione vennero delegate ulteriori indagini alla squadra mobile, attivando anche intercettazioni sui telefoni utilizzati dal Perrella. Le risultanze a cui pervenne la polizia giudiziaria ha spiegato il dottor Raimoindi alla commissione, riferisce la nota sono assolutamente negative, sia sui personaggi (molti non vennero riconosciuti in fotografia), sia sui luoghi, che non vennero indicati. (Perrella non fu in grado di poter fornire un’ubicazione geografica, anzi, fece degli errori perché parlò di cantieri Bre.Be.Mi. in un determinato periodo storico, ma la Bre.Be.Mi. venne aperta qualche anno dopo.
Secondo la Procura di Brescia Perrella in sostanza – spiega la commissione – si sarebbe basato su una sorta di infarinatura che chiunque poteva avere con la lettura della cronaca dei giornali. La commissione, già successivamente all’audizione della procura di Brescia dello scorso maggio, ha deciso di avviare altri riscontri, acquisendo copia delle dichiarazioni di Nunzio
Perrella utilizzate nell’ambito del processo Adelphi della Dda di Napoli. Fu in quella occasione, infatti – ricorda ancora la commissione – che l’ex collaboratore di giustizia rilasciò le prime dichiarazioni sul coinvolgimento dei clan di camorra nel traffico illecito di rifiuti. “Da quei verbali si evince con chiarezza che il cartello dei casalesi iniziò ad operare in questo settore a partire dalla metà del 1988 – prosegue la nota – In quelle dichiarazioni non vi è poi traccia di quanto affermato nei mesi scorsi da Perrella relativamente ai territori di Brescia, Ferrara e Roma”. La commissione già nelle scorse legislature aveva acquisito il prezioso lavoro investigativo del sostituto commissario della Polizia di Stato Roberto Mancini, scomparso recentemente.“Nella sua informativa del 1996 ampiamente divulgata dalla stampa negli anni scorsi – l’investigatore ripercorreva le dichiarazioni di Perrella, contestualizzandole con altri elementi di riscontro – prosegue la nota – Anche in quel caso la data d’inizio dell’attività criminale dei casalesi nel traffico di rifiuti risulta essere la metà del 1988. Lo stesso Mancini aveva in realtà già segnalato come il Perrella abbia a volte riferito ‘notizie apprese da terze persone e non riscontrate personalmente'”. Un ulteriore approfondimento è stato avviato nei giorni scorsi dalla commissione, che ha proceduto all’audizione degli ufficiali dell’ex Nucleo investigativo del Corpo forestale dello Stato di Brescia. Il gruppo di investigatori comandato all’epoca dal colonnello Rino Martini, oggi a riposo ha approfondito per diversi anni il mercato criminale dei rifiuti nel nord Italia, dal 1985 ai primi anni ’90. “Questo periodo – sottolinea la commissione – è uno snodo storico fondamentale, dove si assiste al passaggio dal sistema di traffico via nave, le famose navi de veleni che portavano i rifiuti industriali in Africa e America Latina, al debutto sul ‘mercato’ del nord Italia dei broker legati al clan dei Casalesi. Su questo specifico punto l’inchiesta della commissione è tuttora in corso e prevede ulteriori audizioni e acquisizioni di documenti”.
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