Politica

Scafati, l’ex sindaco Aliberti chiede di andare in carcere e ‘utilizza’ i figli minori sui social

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Scafati. Non c’è che dire ama il ‘coupe de téathre’, l’effetto mediatico, quello che – se non fosse drammatico per una città nel suo insieme – potrebbe dividere tra ‘forcaioli’ e ‘innocentisti’. Tre giorni dopo la pronuncia del Tribunale del Riesame di Salerno che ha ribadito e accolto la richiesta degli arresti in carcere per l’ex sindaco di Scafati, Angelo Pasqualino Aliberti, accusato di scambio di voto politico-mafioso, l’ex primo cittadino si lancia in un’accorata lettera al suo avvocato, paventando la possibilità di rinunciare al ricorso in Cassazione per andare in carcere tra 7 giorni, questi quelli che rimangono per presentare ricorso alla Suprema Corte. Questa la scadenza dei termini per un nuovo ricorso ai giudici romani per provare, ancora una volta a ribadire – da parte della difesa – non l’innocenza dell’indagato Angelo Pasqualino Aliberti, ma la necessità o meno della misura cautelare più dura. E dunque, oggi pomeriggio, Aliberti ci ha riprovato con l’effetto mediatico, il ‘social messaggio’, quello che gli è costato caro proprio nell’ambito della nuova pronuncia del Riesame perchè ha dimostrato che – nonostante non sia più sindaco – conosce perfettamente quello che accade nelle stanze del Comune che ha amministrato per quasi otto anni, facendo venir meno quel presupposto essenziale per evitare un arresto in carcere: quello dell’inquinamento delle prove.
Ma la decisione dei giudici del Riesame non è esclusivamente fondata su questo. Così come avevano sostenuto gli Ermellini, le prove a carico di Aliberti e dei due ras del clan Loreto-Ridosso, i cugini Gennaro e Luigi, in merito ad uno scambio di voto politico-mafioso nelle elezioni del 2013 e del 2015, ci sono. C’è il pericolo che, ad una prossima tornata elettorale, Aliberti possa dare seguito a quel patto con la Camorra scafatese mai del tutto completato, anche non candidandosi direttamente, ma usando familiari o persone a lui vicine.
I giudici del Riesame hanno deciso, il 22 settembre scorso, che Aliberti debba andare in carcere, insieme a Luigi Ridosso, mentre la misura più idonea per Gennaro Ridosso è quella dei domiciliari.
Entro dieci giorni da quel 22 settembre gli avvocati dei 3 indagati dovrebbero presentare ricorso in cassazione per fare annullare quella decisione.
Ma oggi pomeriggio, l’ex sindaco ci ha riprovato – su Facebook – a manifestare il suo ‘dolore’ e abbandonati i panni del martire della giustizia che venerdì scorso gli ha fatto scrivere sul suo profilo social ‘Je suis Aliberti’, ha sostenuto – di fatto – di essere un perseguitato dalla giustizia: “Non è possibile togliere il diritto di critica che viene definito addirittura “feroce” ad un libero cittadino che prova attraverso un social ad esprimere la sua idea sui temi grandi di questo paese Italia e sulle questioni che più mi toccano da vicino e che riguardano la mia città e le difficoltà che oggi sta attraversando sul piano sociale economico e della vivibilità. Neppure nel Codice Rocco durante il periodo fascista le opinioni venivano definite violente”.
Aliberti, come spesso ha fatto in questi anni in cui l’indagine dell’Antimafia di Salerno ha preso il suo corso, sostiene di essere stanco di difendersi ‘da una misura cautelare’ e ancora una volta fa leva sui figli che ‘stanno subendo sulla loro pelle una violenza mediatica che non ha precedenti’. Una violenza mediatica e un’esposizione che Aliberti è stato il primo a mettere in campo, esponendo i sentimenti dei due ragazzini ai suoi commenti social. Uno scudo ’emotivo’ alle sue vicende giudiziarie e a quelle della moglie, il consigliere regionale Monica Paolino, che l’ex sindaco utilizza ancora una volta per raccontare la sua vicenda giudiziaria. E allora nel corso della lettera pubblicata sul suo profilo, Angelo Pasqualino Aliberti, chiede al suo avvocato, Silverio Sica, di ‘evitare il ricorso in Cassazione al dispositivo del Riesame e di attendere i 10 giorni che la legge prevede affinché io venga portato nel più vicino carcere di Fuorni. Glielo chiedo nel rispetto dei miei familiari e di quanti soffrono per la mia vicenda giudiziaria e per le mie condizioni psicofisiche che ormai sono andate oltre i limiti della vivibilità”.
E poi scrive: “Ho bisogno del carcere, se andare in carcere per queste motivazioni può significare avere un processo, avere la possibilità di potermi difendere non più dalle presunzioni o dalle dichiarazioni raccolte, spesso da uomini e donne desperate per le loro problematiche personali rispetto alla giustizia, ma difendermi avendo la possibilità di poter interagire di poter intervenire di poter chiarire di poter produrre atti, documenti, registrazioni, vicende di cui probabilmente neanche la Magistratura, i Giudici del Riesame, il Procuratore Generale o il Procuratore Capo sono a conoscenza fino in fondo”.
Chiede al suo avvocato, come se lui non avesse libero arbitrio su questa decisione, di rinunciare al ricorso e al contempo annuncia un nuovo ‘show mediatico’ nel quale i figli gli facciano ancora da scudo ‘morale’ contro la persecuzione: “Facciamo scorrere questi 10 giorni, mi accompagni lei al carcere di Fuorni insieme ai miei 2 meravigliosi figli e si prepari a dare battaglia fin dalla prima udienza affinché finalmente tutti possano ascoltare in contraddittorio la verità che finalmente i giudici dovranno valutare non per le presunzioni ma per le prove concrete che non ci sono, che non possono esistere perché io sono una persona perbene che ha solo una grande passione, un grande amore, che nessuno potrà mai scalfire, per la mia città, ma anche un uomo che oggi e più di sempre ha il bisogno e il dovere di difendere la propria dignità”. Sette giorni, dividono il ‘travagliato’ Aliberti da una decisione che potrebbe mutare il suo destino da indagato. Sette giorni in cui il ‘travaglio’ interiore sarà affidato ai consigli del suo avvocato e nei quali prova ancora una volta a sondare e a contare quanti gli sono ancora accanto tra cittadini e ‘social amici’. Sette giorni in cui, avrà ancora una volta fatto leva sulla ‘pietà umana’ nei confronti di due ragazzini sui quali non possono e non devono ricadere le ‘colpe’ – qualora ci fossero – di un padre, di una madre o di un familiare. La difesa in un processo e la Giustizia, per quanto a volte ingiusta, non può passare sulla pelle di giovani incolpevoli. Aldilà dei reati di cui è accusato l’ex sindaco Angelo Pasqualino Aliberti che verranno valutati dai giudici, il ‘coupe de théatre’ non dovrebbe in alcun modo calpestare i diritti di due minori.
Rosaria Federico


Articolo pubblicato il giorno 25 Settembre 2017 - 20:55
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