Roma. Doveva andare in carcere per scontare una condanna a 11 anni di reclusione per violenza su minori, ma prima che arrivassero i carabinieri ha preso un taxi e si è dileguato dalla casa di cura di Genzano ai Castelli Romani dove era agli arresti domiciliari per motivi di salute. Deve scontare 11 anni di reclusione dei 14 anni e due mesi che gli erano stati inflitti per violenza sessuale su minori, reati commessi quando era parroco nella parrocchia romana di Selva Candida. Ma Don Ruggero Conti, questo il suo nome, è evaso. I carabinieri, infatti, erano in procinto di notificargli un provvedimento di revoca dei domiciliari. Martedì scorso l’ex parroco nel pomeriggio si è infilato in un taxi ed ha fatto perdere le sue tracce. E’ una storia infinita quella di Don Ruggero Conti ed è anche uno dei casi di pedofilia più gravi tra quelli che hanno coinvolto uomini della Chiesa italiana. Il prete, 64 anni, venne arrestato il 30 giugno del 2008 mentre era in procinto di partire alla volta di Sydney per partecipare, con alcuni ragazzi, alla Giornata mondiale della Gioventù. Era accusato di aver compiuto molestie per dieci anni, tra il 1998 e il maggio 2008, quando era parroco della chiesa della Natività di Maria Santissima a Selva Candida nei confronti di sette bambini affidati alle sue cure in oratorio e nei campi estivi. Nel corso delle indagini emersero, però, altri casi di abusi compiuti in Lombardia e risalenti a 25 anni prima, ma caduti in prescrizione. La Procura non potette procedere ma fece testimoniare le vittime nel primo processo contro di lui: erano altre tre persone, che sarebbero state molestate da don Ruggero quando ancora non aveva preso i voti e lavorava nell’oratorio San Magno a Legnano. “Non sono un mostro, sono innocente, lo dico umilmente. Se fossi colpevole confesserei” disse l’ex parroco nell’aula giudiziaria, dove oltre le vittime, si presentarono centinaia di giovani in sua difesa, alcuni con t-shirt bianche con la scritta “Don Ruggero, ti vogliamo bene” e furono molte anche le mamme dei ragazzini schierate col prete: “Per i nostri figli è stato come un padre” dissero. In primo grado il parroco, che nel 2011 fu sospeso dal sacerdozio, fu condannato a 15 anni e 4 mesi, ridotti a 14 anni e 2 mesi in appello e confermati nel 2015 dalla Cassazione. Fino ad agosto Don Ruggero stava scontando i domiciliari a Viterbo, poi aveva fatto richiesta ed ottenuto il trasferimento in clinica a Genzano per motivi di salute. E’ stato proprio il personale della casa di cura a dare l’allarme ed ora i carabinieri lo stanno cercando.
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