Ha parlato come testimone e come possibile parte lesa nell’inchiesta denominata Listopoli, Valeria Valente, candidata del Pd alla carica di sindaco di Napoli nella scorsa tornata elettorale. La parlamentare ha spiegato al pm Stefania Buda, che non era suo compito occuparsi delle liste e che i nominativi non venivano sottoposti direttamente alla sua attenzione ma a quella del comitato preposto. Dopo diversi “non so, non ricordo”, ha anche detto di “non conoscere il numero dei candidati che componevano ciascuna lista”, di “non conoscere il modo in cui i candidati venivano materialmente inseriti nella lista” e di “non essere a conoscenza di chi fosse il presentatore della lista stessa”; inoltre di “non conoscere il ruolo di Francesco Morra, uno dei due delegati a presentare la lista”. Era invece a conoscenza, in maniera diretta, del sostegno economico ricevuto per la sua discesa in campo, in quota Pd nel duello contro De Magistris. Ha spiegato la Valente: “Tutta la rendicontazione del costo della mia campagna elettorale è intorno ai trecento mila euro e cento mila euro arrivarono dal Pd”. L’inchiesta, coordinata dal pool mani pulite sotto il coordinamento dell’aggiunto Alfonso D’Avino, è di ipotesi di brogli elettorali e la Procura si prepara a chiedere il giudizio a carico di Gennaro Mola, ex capo dello staff elettorale e compagno della Valente nonché del suo braccio destro Renato Vardaro; di Salvatore Madonna – Consigliere comunale e autenticatore delle liste -, Antonio Borriello, ex leader del Pd a San Giovanni a Teduccio; Aniello Esposito, Consigliere comunale e certificatore delle liste. Tutti i verbali sono agli atti. Salvatore Madonna, difeso dall’avvocato penalista Carlo Di Casola, ha duramente perso le distanze dal lavoro dello staff elettorale che aveva in Gennaro Mola il proprio punto di riferimento: “Riconosco solo la mia firma e disconosco tutto il resto. Non riesco a capire come sia possibile che tutti i candidati falsi siano stati a me sottoposti per l’autentica”. Alla domanda se avesse provato a contattare Mola, dopo aver appreso dello scandalo Listopoli, Salvatore Madonna risponde: “volutamente non ho contattato Mola avendo avuto paura di una mia incontenibile reazione violenta”. Dopo mesi di indagine però pare che nessuno dei coinvolti sia stato in grado di fornire una spiegazione sensata sulla composizione delle liste. Ha spiegato Gennaro Mola, difeso dall’avvocato penalista Bruno Von Arx: “Il mio unico assillo era mettere nella lista di Valeria quante più persone che potevano avere voti. La lista Napoli Vale ha portato oltre seimila voti”. Madonna ricorda il caos negli uffici del comitato in quella notte tra il 6 e il 7 maggio 2016, tanto da protestare per quelle sessanta-settanta persone che attendevano l’autentica della firma: “Mola venne nella stanza con i modelli di accettazione che lei mi mostra, già compilati, voltando ciascuna pagina sul tavolo, notai solo che erano compilati”. La stessa scena viene resa da Vardaro e da Francesco Morra, uno dei delegati a presentare la lista Napoli Vale. Renato Verardo dichiara: “quella notte constatai dei momenti di concitazione in quanto si era raggiunto solo la candidatura di 25/26 candidati”. Poi arrivò nella stanza lo stesso Mola che portò altri moduli di accettazione delle candidature prive del certificato iscrizione alle liste elettorali”. Il processo ruota intorno l’episodio riportato da Verardo e riferito allo stesso Mola.
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