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Torre Annunziata, il baby boss alla nonna: “Se avessi voluto ucciderlo, sarei tornato indietro e avrei sparato ancora”

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“Se avessi voluto ucciderlo, sarei tornato indietro e avrei sparato ancora”, senza timori. Come un boss in carriera Raffaele Gallo “pisiello”, 18 anni appena parlava al telefono con la nonna senza sapere di essere intercettata e spiegava il mancato agguato allo zio Salvatore Iovene. Ieri il rampollo dei “pisielli” del rione Penniniello di Torre Annunziata è stato arrestato per di tentato omicidio premeditato e porto abusivo di arma da fuoco. E con lui il suo complice Vincenzo Falanga, 19 anni, detto ‘o gemello. Sono stati loro due, insieme con altri complici in via di identificazione a fare fuoco la sera del 27 gennaio scorso nella Cuparella contro l’auto dello zio (fratello della madre). Solo che alla guida c’era Vittorio Nappi, rimasto gravemente ferito al torace e ricoverato per due mesi. Gallo junior voleva vendicare l’onta che la madre aveva arrecato al clan guidato dal padre allacciando una relazione extraconiugale con un elemento di spicco di un gruppo camorristico avversario, i Gionta e per questo che aveva tentato di uccidere lo zio materno. Una vendetta trasversale per “punire” la madre che non solo si era permessa di lasciare il padre, il boss Franco Gallo, condannato a sei anni di carcere per l’estorsione ai produttori di Gomorra dopo che aveva affittato a  Cattleya  la sua lussuosa villa per ambientare “casa Savastano” della serie tv. La madre si era legata sentimentalmente con il figlio dell’ergastolano Umberto Onda, uno dei killer più spietati del clan Gionta e per un periodo reggente dei “Valentini”. I due hanno lasciato da tempo Torre Annunziata perché la donna aveva paura che il figlio potesse ucciderla.

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E così il baby boss dopo il fallito agguato allo zio  era andato dalla nonna, (pure lei condannata con il marito per l’estorsione a Cattleya) per affrontare lei e zio Salvatore, che volevano crescerlo “come uno scemo” e non come un camorrista. Non a caso il giovane rampollo dei Gallo nell’aprile scorso si rese protagonista di una rivolta nei confronti della polizia che lo aveva fermato nel rione Penniniello per dei controlli mentre era in sella ad una moto con un complice. Il giovane aizzò gli abitati del rione a scendere in strada tanto che la polizia dovette esplodere dei colpi di pistola in aria per disperdere “gli assalitori”.  Ma non è tutto perché a 14 anni aveva preso parte ad uno scontro a fuoco con i figli di elementi di spicco del clan Gionta. Era stato condannato, aveva scontato la sua pena e, la sera del ritorno a casa, a festeggiarlo c’era tutto il quartiere, con spettacolari fuochi d’artificio. Qualche mese dopo, ancora minorenne, Lello Gallo torna sulle pagine di cronaca: viene coinvolto in un brutto incidente stradale e perde un piede. Ora ha una protesi. Con lui a cercare di “lavare” l’onore della famiglia c’era un altro giovane già salito agli onori della cronaca. Si tratta di Vincenzo Falanga ‘o gemello: era stato accusato di essere stato assoldato dalla “mantide di Pompei”, Lucia Casciello  per uccidere il marito Vincenzo Tufano, mancando il bersaglio, la notte tra il 9 e il 10 agosto 2014 nei pressi del ristorante “Balla coi Lupi” in via Civita Giuliana alla periferia di Pompei,con il quale era entrata in contrasto. Ma nel novembre scorso il Tribunale per i Minori ha assolto il presunto baby killer grazie a una consulenza balistica della difesa.


Articolo pubblicato il giorno 2 Agosto 2017 - 08:08
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